Fermiamo l’assalto. Governiamo l’energia

Il nuovo soggetto politico Repùblica, fondato nel giugno 2024 grazie all’unione di indipendentisti provenienti da percorsi ed esperienze politiche diverse, presenta la propria posizione sulla questione energetica. Forte di attività e proposte ventennali, l’indipendentismo conferma la propria vocazione al governo della nazione sarda e alla difesa degli interessi del popolo sardo. Conferenza stampa del 17 agosto 2024 a Porto Torres.

Porto Torres, 17/08/2024. Repùblica presenta il suo documento sull’energia. Simone Maulu, Antonio Meloni, Bettina Pitzurra, Stefania Taras, Sarah Poddighe. [Foto V. Cuccheddu]

Domande e risposte

Siamo una forza politica che ha nelle proprie corde e nei propri obiettivi il governo di questa terra. La nostra è una visione globale e la questione energetica è solo uno degli aspetti da gestire, sempre e solo nell’interesse della nazione sarda nel suo complesso, vista come parte integrante della crisi ecologica mondiale.

La società sarda, come quella internazionale, sta affrontando un momento di svolta epocale: una transizione velocissima dall’energia fossile a quella rinnovabile, in piena emergenza ecologica. Una sfida enorme in termini politici, economici e sociali. Da decenni portiamo il tema energetico nell’agenda politica sarda avanzando proposte concrete con lungimiranza e responsabilità.

Sì, siamo favorevoli al superamento delle fonti fossili per la produzione di energia. Quindi siamo favorevoli al solare come all’eolico. La RAS dovrebbe realizzare uno studio sulla necessità delle centrali fossili in quanto quelle attuali sono in sovrannumero. Noi vorremmo riconvertire alcune di queste centrali in turbogas, tecnologia più compatibile con un sistema di produzione a maggioranza rinnovabile.

Bisogna ottimizzare l’utilizzo delle centrali idroelettriche sarde con lo scopo prioritario di fungere da sistema di accumulo dei surplus di energia da fonti rinnovabili.

No, il nostro è un ecologismo pragmatico che difende le risorse naturali, non propone soluzioni regressive, mette al primo posto l’interesse nazionale sardo e tutela le produzioni energetiche necessarie alle nostre comunità locali.

No. Ma sicuramente c’è da discutere, sempre e comunque, di dove, come, da parte di chi e nell’interesse di chi il paesaggio possa essere modificato.

No, per noi l’ambiente non è un tema separato dal resto della nostra vita e della nostra visione politica. Siamo ecologisti, per noi le persone fanno parte integrante dell’ambiente naturale, la cui salute determina la nostra stessa salute e quindi la nostra felicità. Siamo lontani da un ambientalismo di maniera, oggi anche istituzionalizzato, che nasconde e consente speculazioni di ogni tipo.

Certamente: indipendentisti ecologisti, pragmatici e ispirati alla sostenibilità. Vogliamo un reale rapporto armonico con l’ecosistema ma questo è possibile soltanto se la società è in armonia tra le sue varie componenti, ragion per cui siamo convinti della necessità di profonde trasformazioni economiche, sociali e istituzionali.

Per noi il controllo delle nostre risorse naturali deve essere in capo alle istituzioni pubbliche sarde e l’intensità del loro sfruttamento deve rispondere alle esigenze del popolo sardo, non agli interessi economici dello Stato e delle multinazionali.

Non siamo contrari al fatto che un imprenditore scelga di investire in Sardegna, anche in campo energetico. Ma, parafrasando Evo Morales, “solo le imprese che rispettano le nostre leggi sono benvenute. Abbiamo bisogno di investimenti. Vogliamo soci, non padroni delle nostre risorse naturali”. Per questo motivo urge una nuova legislazione in questo settore.

Certamente, per noi la transizione energetica è una parte della più vasta transizione ecologica. Della natura conosciamo la sofferenza e ne patiamo le conseguenze. Siamo favorevoli alla transizione energetica, da sempre, anche quando non andava di moda nei ministeri e negli assessorati. 

Perché è così, ma lo fa male. Non solo deve pagare i costi ambientali di questa produzione ma deve anche pagare i costi del trasporto dell’energia esportata. Serve un Piano Sardo per l’Energia per superare la situazione attuale che vede un quarto di energia prodotta da fonti rinnovabili mentre i tre quarti sono ancora prodotti con sistemi inquinanti dipendenti da combustibili che in Sardegna non esistono e devono essere importati.

Perché vogliamo che la Sardegna produca l’elettricità di cui ha bisogno attraverso le energie rinnovabili, le comunità di consumo e l’autoconsumo. Oggi non è così e la nostra terra vive una fase di corsa all’oro da parte di Stato e multinazionali.

La regolamentazione, la pianificazione, le strategie e le linee di indirizzo politiche in campo energetico devono essere attuate in modo ordinato ed equilibrato nel territorio, garantendo risultati positivi dal punto di vista ecologico e sociale.

Riguardo ai problemi energetici si continua a sottostimare la criticità legata alle reti sarde di distribuzione e di trasmissione dell’energia elettrica: sono vecchie e praticamente vicine al collasso. Sarebbe opportuno pretendere investimenti strutturali e massicci per renderle adatte all’auspicabile futuro di generazione elettrica distribuita, con tanti impianti a fonti rinnovabili.

Perché di fronte all’incapacità gestionale della classe dirigente sarda attuale, di fronte all’assenza di strategie e di pianificazione a lungo periodo da parte delle nostre istituzioni, l’unico intervento possibile nell’immediato è il blocco totale di tutti i nuovi progetti, anche in fase esecutiva e un riesame analitico caso per caso.

Tendenzialmente è un’iniziativa accettabile ma non comprende i cosiddetti impianti agrivoltaici, cioè impianti fotovoltaici a terra che lasciano almeno 2,1 metri di altezza libera dal terreno per, teoricamente, permettere l’utilizzo agricolo del terreno. Nutriamo forti dubbi su tali impianti e temiamo possano fare la stessa fine delle serre fotovoltaiche, mai coltivate, realizzate nei primi anni ‘10.

Perché pensiamo sia assurdo che i cittadini sardi debbano pagare bollette i cui importi devono contribuire a finanziare infrastrutture e scelte di politica energetica contrarie all’interesse dei sardi stessi. Modificare il metodo di calcolo del prezzo dell’energia su base statale perché sfavorisce le aree, come la Sardegna, che hanno una componente rinnovabile rilevante. Produciamo il necessario, paghiamo il giusto.

La mancanza di gestione di questo settore strategico porta allo sfruttamento tecnicamente neocoloniale delle nostre risorse naturali, al consumo di suolo e di paesaggio per interessi esterni e alla tariffazione sregolata con evidenti costi per famiglie e imprese, a detrimento anche della capacità di assunzione.

Transizione ecologica significa  soprattutto sostenibilità sociale, a cominciare dalle direttive europee per il coinvolgimento delle comunità nei processi decisionali e per i principi di prossimità e proporzionalità: l’energia si produce dove serve e solo la quantità che serve.

Con processi partecipativi e le reti di comunità si possono fare enormi passi avanti. Occorre finanziare e realizzare prima di tutto le reti di comunità, finché non ne esisterà almeno una per ogni paese della Sardegna. Dopo, se non basteranno, si potrà pensare a qualche centrale, ma sempre nel rispetto del processo partecipativo.

Possono essere invogliate, in particolar modo quelle meno abbienti, con appositi bandi e finanziamenti, a installare impianti di produzione elettrica e termica solare. 

La situazione del mondo agropastorale è al collasso strutturale. Le campagne sono impoverite e strozzate da meccanismi finanziari perversi. Agricoltori e pastori non possono resistere ancora per molto. Vanno sostenuti, in quanto primo presidio territoriale, nella battaglia per non svendere il territorio a investitori di turno che per poche  migliaia di euro si portano a casa milioni di profitti. In particolar modo quelle meno abbienti, con appositi bandi e finanziamenti, a installare impianti di produzione elettrica e termica solare. 

Incentivare allevatori e agricoltori a installare in azienda impianti per la produzione elettrica da fonti rinnovabili superiori alla potenza dell’autoconsumo. Incentivare la sostituzione di macchinari vecchi e poco efficienti. Per non sprecare energia, per favorire la permanenza delle persone in agro, per consentire redditi aggiuntivi, a beneficio della salvaguardia delle zone interne.

Il sistema agricolo sardo è vertebrato su criteri capitalisti che portano le aziende ad avere profitti sempre più piccoli. Questo è il presupposto che porta a svendere il territorio, con tutte le sue specificità di pregio. Sostieniamo una radicale inversione di rotta nella gestione dell’agro e delle professionalità ad esso connesse, volta a innovazione tecnologica ed equa ripartizione dei profitti.

Il contesto storico dell’emergenza ecologica e climatica e della crisi energetica va trasformato in un’opportunità concreta di innovazione positiva: una trasformazione ecologica e sociale che ci porti a nuovi paradigmi di consumo e di produzione. Un cambiamento culturale capace di mettere in discussione lo status quo.

Il problema non sono le tecnologie ma la mancanza di una strategia. Le istituzioni non hanno un’idea precisa per il nostro futuro energetico, agiscono in modo disorganico, sovrapponendo decisioni estemporanee che vanno in tutte le direzioni: potenziare le rinnovabili, implementare il gas, preservare il carbone, premiare l’efficienza energetica e difendere le attività energivore.

Perché siamo indipendentisti. La causa dei nostri mali siamo in primo luogo noi stessi. La Sardegna è quella strana terra in cui la classe politica agisce in favore di interessi esterni: dello Stato o degli investitori esterni, singoli o multinazionali.

Sicuramente sì, ma è normale che anteponga i propri interessi a quelli della nazione sarda. Solo nella primavera del 2024 lo Stato, dopo anni di colpevole latitanza, ha finalmente emanato un decreto che stabilisce i criteri secondo i quali le Regioni possono scegliere le aree idonee. L’assenza di tale atto ha consentito l’attacco selvaggio alle nostre risorse.

No. Il rifiuto aprioristico di linee di collegamento col resto della rete europea è sbagliato dato che i collegamenti, se opportunamente realizzati, sarebbero un vantaggio anche per noi. Se fossimo meglio collegati potremmo dismettere qualche vecchia centrale a carbone, acquistare o vendere energia ad altri paesi a seconda della fase e del fabbisogno.

Sì, non per partito preso ma perché è evidente che la strategia più proficua e meno impattante per la nostra nazione è quella di elettrificare i consumi.

Per fermare l’assalto senza regole al territorio, per riscrivere le leggi urbanistiche, per non lasciare soli gli amministratori locali nell’opposizione alla speculazione, per la comproprietà pubblica degli impianti, l’azionariato popolare, per l’equa ripartizione dei profitti. Per una Sardegna energeticamente autosufficiente, efficiente e con costi dell’energia ragionevoli. Per dare dignità al mercato dell’energia.

Per noi è assurdo che gli impianti di grande taglia possano essere realizzati senza che esista una programmazione di base. Chiediamo che sia l’individuazione delle aree idonee sia il PRS prevedano processi partecipativi aperti alla popolazione per garantire democraticità e per cominciare ad abituarci al protagonismo nelle scelte che determinano modifiche del nostro territorio.

Il carattere di “opere di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza” previsto dall’Art. 12 del DL 387/03 viene associato a qualsiasi impianto di produzione di energia rinnovabile. Questo è semplicemente inaccettabile per interventi che sono realizzati da privati, a maggior ragione nella situazione di giungla autorizzativa attuale.

Le risorse disponibili in Sardegna non sono fossili: abbiamo pessimo carbone e poco gas. Scommettere sulle rinnovabili non è una scelta da idealisti ma è pragmatismo. Per garantire l’economicità del sistema energetico bisogna ottimizzarne l’efficienza: minore sarà l’energia di cui necessiteremo e più sarà possibile produrla con risorse nostre a costi ragionevoli.

Come già avviene in Sud Tirolo per il riscaldamento, la RAS potrebbe dotarsi di uno strumento per promuovere e monitorare l’efficientamento energetico degli edifici focalizzato sulle esigenze della nostra terra, adottando standard tecnici sintonizzati con la nostra realtà e non applicando più quelli pensati per il centro-nord Europa.

Potrebbe inoltre adottare provvedimenti urgenti sulla tutela del paesaggio e incaricare la Giunta di predisporre quanto necessario per il completamento del PPR delle zone interne.

Potrebbe istituire sistemi di accesso al credito garantito dalla RAS per le aziende sarde al fine di realizzare investimenti nell’ambito dell’efficientamento e dell’autoproduzione dell’energia.

Nel 2016, in appena 10 anni, l’Uruguay di Mujica ha raggiunto il 100% della produzione rinnovabile. Le centrali eoliche hanno permesso di abbassare i costi di produzione energetica di oltre 200 milioni di dollari all’anno e di ridurre le emissioni di gas serra dell’88%.

Nei Paesi Baschi gli amministratori indipendentisti applicano metodi partecipativi e trasparenti nelle decisioni, valutano l’equilibrio tra danni e benefici, pretendono la comproprietà pubblica e la compartecipazione economica dei cittadini e degli enti pubblici, la condivisione dei ricavi, consentono la compartecipazione pubblico-privato a patto che la comunità locale abbia ricadute positive immediate in termini di bollettazione e di servizi.

La situazione degli amministratori locali sardi non è molto differente da quella del mondo agropastorale. Gli enti sono spesso in crisi finanziaria e la tentazione di cedere terreni in cambio di qualche centinaio di migliaia di euro è dietro l’angolo. L’indipendentismo ricorda e raccomanda un piano di dignità nella gestione di queste dinamiche, ricorrendo a processi partecipati e riunioni informative pubbliche. Esistono alcuni esempi virtuosi ma i bravi amministratori sono sempre lasciati soli in una battaglia coraggiosa ma solitaria.

È giusto e doveroso questo tipo di interazione ma le aziende che realizzano le centrali rinnovabili devono avere l’obbligo di vendere l’energia alla RAS a un prezzo basso e fisso.

Gli elettori sardi hanno sempre premiato i partiti italiani e i loro responsabili locali che si sono distinti per non essere riusciti a tutelare i nostri interessi e le nostre necessità. L’indipendentismo offre ai sardi un’occasione per costruire assieme la coscienza nazionale necessaria ad arginare dinamiche assurde e contrarie al bene della nostra terra.

Perché le decisioni della RAS in campo di zone idonee dovranno essere comunque approvate dal Ministero italiano, anche nel caso del coinvolgimento dei beni culturali per le aree archeologiche. L’indipendentismo offre l’opportunità alle sarde e ai sardi per un cambiamento di paradigma e di approccio alla dinamica istituzionale tra Stato e nazione sarda.

Oltre l’emergenza. Non sprechiamo energia.

Porto Torres, 17/08/2024. Antonio Meloni presenta il documento di Repùblica sull’energia. Con Marta Spada, Sarah Poddighe, Gavino Sale, Andrea Virdis, Alessio Sale. [Foto V. Cuccheddu]
Porto Torres, 17/08/2024. Repùblica in conferenza stampa.

La Sardegna è quella strana terra in cui la classe politica al governo agisce in favore di interessi esterni: dello Stato, degli speculatori singoli o delle multinazionali.

In decenni di sgoverno i politici sardi scelti dagli elettori per amministrare la cosa pubblica non hanno saputo tutelare gli interessi del popolo sardo e difendere il territorio dall’assalto senza freni degli investitori energetici.

Noi indipendentisti da oltre vent’anni proponiamo soluzioni per regolamentare l’utilizzo delle risorse naturali e del paesaggio. Ma puntualmente gli elettori hanno continuato a premiare i partiti italiani e i loro responsabili locali che ben si sono distinti per non essere riusciti a tutelare i nostri interessi e le nostre necessità.

Per noi le risorse naturali come il sole, il vento e l’acqua sono patrimonio collettivo e il loro sfruttamento deve necessariamente avere ricadute positive sulla collettività e sulle comunità locali.

Noi di Repùblica nasciamo raccogliendo le migliori esperienze dell’indipendentismo moderno, unendo persone e competenze per offrire ai sardi e alle sarde un’occasione di incontro, plurale e partecipativa; per costruire assieme la coscienza nazionale necessaria ad arginare dinamiche assurde e contrarie al bene della nostra terra.

Solo a partire da una profonda e rinnovata autopercezione personale e collettiva sarà possibile creare i presupposti di una Sardegna giusta, equa, ricca, solidale e libera.

Le nostre parole d’ordine in questo momento sono: fermare l’assalto e governare l’energia. Per una politica energetica sarda. E in questo senso agiremo, a modo nostro, per sostenere le giuste battaglie di chi è già impegnato, per riprendere il filo di quanto l’indipendentismo ha fatto in vent’anni di storia e per dare il nostro contributo a questa urgente battaglia di giustizia e di dignità.

Porto Torres, 17/08/2024. Repùblica presenta il suo documento sull’energia. Marta Spada intervistata dal TGR. [Foto V. Cuccheddu]

Vent’anni di questione energetica

Ottobre 2009. No alla centrale eolica di Is Arenas. Manifestazione sulla spiaggia oristanese. Sì alle energie rinnovabili, no all’eolico selvaggio.

Ottobre 2009. Un business per le multinazionali, un’elemosina per il territorio. Dossier a cura del Tzentru de Elaboratzione “Energia e Ambiente” di iRS. Il quadro della situazione e le soluzioni.

Novembre 2009. Mozione sull’eolico in Consiglio RAS. iRS presenta un testo su gestione e regolamentazione degli impianti eolici. Non una protesta ma una proposta di governo i un settore in preda di interessi e malavita. 

Ottobre 2010. Occupazione della centrale di Florinas. Un gruppo di attivisti di iRS occupa la pala E-on a cinque mesi dalla presentazione in Consiglio Regionale di una mozione sulla sovranità del territorio e dei beni pubblici.

Giugno 2011. Incontri territoriali di formazione popolare contro la speculazione eolica.

Marzo 2013. Monte Sirai, archeologia eolica. Denuncia contro l’ennesimo tentativo di sfruttamento ai danni della nazione sarda nell’area archeologica.

Febbraio 2014. Dalla speculazione alla sovranità. Per la moratoria delle concessioni, coinvolgimento attivo delle comunità e per un nuovo piano normativo.

Novembre 2014. Pirati rinnovabili e leggi illegittime. Arginare la speculazione con un Piano Energetico Sardo. La legge sulla localizzazione degli impianti eolici è illegittima.

Marzo 2022. Un Piano Energetico Sardo come antidoto al saccheggio del territorio. L’Uruguay del presidente Mujica ha ottenuto in 10 anni l’indipendenza energetica liberandosi dalle fonti fossili.

Ottobre 2022. Eolico, approcci a confronto: la dignità basca e la passività sarda. È il momento di lasciarci alle spalle dinamiche umilianti e logiche di rapina delle nostre risorse naturali e umane.

Giugno 2023. I comitati uniti sono l’antidoto alla colonizzazione speculatrice eolica. In Sardegna e Corsica sperimentazione virtuosa e giustizia sociale, contro la barbarie del profitto.

Luglio 2023. Per una Sardegna energeticamente autosufficiente, efficiente ed equa. Programmare interventi coerenti per cominciare a tracciare un percorso verso la prosperità energetica.

Agosto 2023. Speculazione eolica, se ne parla in Corsica. Solidarietà internazionale dalle delegazioni indipendentiste del mondo.

Scarica la dispensa sulla questione energerica in PDF